lunedì 7 novembre 2011


ISLAM, RESA INCONDIZIONATA

DELL’UOMO A DIO

 

 

 

Il termine “Islâm” è strutturato sulle stesse consonanti radicali della parola “Salâm”, Pace. Islâm infatti è l’atto di chi chiede pace, arrendendosi a qualcuno più forte di lui: e chi più forte di Dio?

In fondo, l’essenza della religione predicata nel VII secolo da Muhammad ben ‘Abd Allâh al-Amîn (il Profeta Maometto) ed accettata come rivelata direttamente dall’Onnipotente all’Uomo, Sua creatura prediletta, tramite  Gabriele, l’Angelo dell’Annunzio, è tutta qui.

Il Fedele si arrende senza porre condizioni ( e, d’altronde, come sarebbe pensabile?) all’Essere ed alla Volontà del “Dio Unico, il Dio ineffabile, Che non ha generato e non è stato generato, Che mai ebbe né mai avrà alcuno uguale a Sé” (Cor. CXII).

 

I CINQUE “PILASTRI DELL’ISLÂM” (ARKÂN AL-ISLÂM)

 

La religione islamica si basa su cinque prescrizioni canoniche, chiamate “Pilastri dell’Islam”,  dalle quali nessun Musulmano - salvo impedimenti di forza maggiore, da considerare caso per caso – può prescindere per ottemperare al volere di Dio.  Esse sono:

La Professione di Fede (ash-Shahâdah)


Fede nei profeti (biblici ed extrabiblici);
 
Fede negli Angeli di Dio;

Fede nei Libri Divini, di cui principe e sigillo è il Corano;

Fede nel Destino, volontà sempiterna di Dio, che trascende la ragione umana;

Fede nell’Aldilà, dove Dio destina gli uomini secondo la Sua volontà imperscrutabile.

La formula fondamentale è estremamente semplice (“rendo testimonianza che non c’è altra divinità se non Dio e che Muhammad è l’Apostolo di Dio”) ed è talmente densa di significato che di per sé, almeno in teoria, sarebbe sufficiente, se pronunciata con convinzione e senza restrizioni mentali, a fare di chiunque un musulmano. Essa, strettamente parlando, riguarda solo i primi due articoli della Fede (e menziona fra i Profeti il solo Muhammad): di fatto però sottintende tutti gli altri, che fanno parte integrante della Rivelazione.
 
La Preghiera (as-Salât)

Secondo la Tradizione islamica il Musulmano deve pregare cinque volte al giorno: al tramonto, la notte, all’alba, a mezzogiorno e nel pomeriggio.

I tempi della preghiera non sono dettati dall’orologio ma calcolati in base alla posizione del sole, alle condizioni di luce e ad altri mezzi empirici.

Quando possibile la preghiera deve essere comunitaria, effettuata in moschea, ma, salvo il venerdì, il Musulmano può pregare in privato, anche sul luogo di lavoro. Uomini e donne pregano separatamente: nelle moschee l’aula centrale è dedicata agli uomini, mentre le donne pregano nelle navate laterali o nei porticati, spesso “protette” da grate o paraventi.

Il richiamo alla preghiera delle ore canoniche (idhân) è lanciato dal minareto (manârah, faro) dal mu’adhdhin (turco muezzìn). La voce umana ha per l’Islām la funzione delle campane per i Cristiani.
Un particolare interessante: il mu’adhdhin, prima di lanciare il suo richiamo, che può essere salmodiato con molti melismi o semplicemente gridato con forza, si pone in ascolto con le mani alle orecchie. Prima di rivolgersi agli uomini, deve ascoltare la voce di Dio.
La preghiera poi segue un unico schema. Consiste in una serie di movimenti (inchini, prosternazioni, movimenti delle mani e del capo) accompagnanti una breve serie di formule, che iniziano sempre con la recita della prima sūrah del Corano (la sūrah detta al-Fâtihah, la aprente). Il tutto non dura più di un quarto d’ora.
Indispensabile è l’orientamento dell’Orante, che deve sempre rivolgersi verso la Mecca. Nelle moschee la direzione (qiblah) è indicata da una nicchia ricavata nella parete, chiamata mirhâb (luogo della ricompensa). In giro per il mondo, fuori dai paesi islamici, il Musulmano dovrà trovare il sistema per orientarsi. Prima della preghiera dovrà compiere sempre una serie di abluzioni alle mani, ai piedi, al viso ed alla cavità orale.
E’ istruttivo notare l’atteggiamento del singolo musulmano o di una comunità durante la preghiera. I visi dei Fedeli sono gravi, composti e sereni, improntati alla convinzione di essere veramente alla presenza del loro Signore. Ogni atteggiamento di entusiasmo isterico, di commozione eccessiva o di umiltà ostentata sono del tutto assenti o, se si verificano, sono condannati come offesa a Dio.
Come nell’Ebraismo ed a differenza del Cristianesimo, la preghiera canonica dell’Islâm è solo preghiera di lode e di proclamazione, mai di domanda. Ciò non significa naturalmente che persone in angustie non chiedano a Dio nel loro foro interiore l’aiuto necessario.
Per finire, la preghiera richiede isolamento dal mondo. Questo è dato dalle mura della moschea, ma può essere simboleggiato dal piccolo tappeto che il singolo stende a terra o da un riquadro di sassi che egli forma intorno a sé quando si trova nel deserto o in aperta campagna.

L’Elemosina Legale (az-Zaqâh)

Esistono per il Musulmano due tipi di elemosine: una libera, chiamata Sadâqah, ”amicizia”, elargita al povero per compassione e generosità, ed una rituale, chiamata Zaqâh, consistente nella decima sui guadagni, che un tempo veniva versata all’erario ed ora viene percepita in molti paesi come una normale tassa statale e quasi sempre è “girata” in tutto o in parte ai vari “fondi” (Auqâf) di assistenza situati presso le moschee. La destinazione di questa elemosina (in teoria dovuta da tutti: dal Sovrano che versa il decimo dei suoi appannaggi miliardari e dal povero che corrisponde la “decima” sui pochi dirhâm che la carità privata gli ha donato) è l’assistenza pubblica ai malati, ai poveri, alle vedove ed agli orfani. In passato, quando la legge islamica Sharî’ah era pienamente in vigore, i fondi costituti con la Zaqâh hanno permesso ai paesi islamici un tipo di assistenza pubblica, in campo tanto economico quanto sanitario, che per secoli è stata  all’avanguardia.
 
Il Digiuno del Ramadan (Sûm Ramadân)
 
Nel mese di Ramadân, in cui Dio “fece scendere” a Maometto la Rivelazione, i Musulmani adulti in buona salute e non impediti da cause di forza maggiore sono obbligati a digiunare dall’alba al tramonto. Il “digiuno” comporta l’astensione dal cibo, da ogni bevanda, da ogni droga, compreso il fumo, e dai rapporti sessuali. 

L’anno islamico è un anno lunare, più breve dell’anno solare, e pertanto il mese di Ramadân si sposta nel corso delle stagioni. Se è sopportabile  astenersi per un’intera giornata dal cibo, lo è molto meno la rinuncia al bere, soprattutto quando il mese del digiuno cade in piena estate.
La sera porta il sollievo ed il cibo, talvolta anche la frescura. Le vie delle città musulmane si riempiono all’inverosimile e tutti i negozi sono aperti fino a tardissima ora. E’ il momento della riunione delle famiglie, dell’intimità e del ristoro. Falso quanto può essere falso un pregiudizio, che la gente digiuni di giorno per gozzovigliare di notte! I cibi sono abbondanti ma leggeri e nutrienti e la sera passa in piacevole conversazione fra familiari ed amici ed anche in meditazione e preghiera. E domani si ricomincia, fino a quando, come scrive il Poeta persiano ‘Omar Khayyâm, “nel cielo notturno [non] salirà la pallida luna di Shawwâl”.

Premesso che osservare il digiuno è un punto d’onore per ogni Musulmano, nessuno, se non nei paesi integralisti (ed anche lì non è così facile), controlla l’osservanza del precetto. Come per gli altri obblighi, è un fatto di coscienza fra il Fedele ed il suo Dio. Sono molto malvisti quei musulmani esibizionisti che si imbiancano la lingua col gesso e la mostrano in pubblico per ostentare il loro zelo nel digiunare. I veri Credenti scuotono la testa con malcelato disprezzo: Dio non si può ingannare.
Il Pellegrinaggio alla Mecca (al-Hajj)
Premesso che per il Musulmano il precetto del Pellegrinaggio ai Luoghi Santi della Mecca, così come tutta la normativa religiosa e civile, viene direttamente da Dio attraverso la Rivelazione concessa per il tramite dell’Angelo Gabriele al Profeta Muhammad, avanzeremo alcune osservazioni “laiche” sulle molteplici radici del Pellegrinaggio  islamico, che nulla tolgono al rispetto dovuto alla fede di  oltre un miliardo di Credenti, incluse innumerevoli persone dotate di alta cultura e razionalità, nonché di sano buon senso.

Innanzi tutto, fin dall’antichità pagana più remota gli uomini hanno compiuto viaggi per motivi religiosi, recandosi in particolari santuari con lo scopo di guarire da malattie, di  ricevere responsi dalla divinità, di rinnovare patti di alleanza fra tribù sotto il segno del “deus loci”, ma spesso semplicemente mossi dal profondo desiderio di adorare la divinità più “da vicino”. 
La Mecca poi, con il suo santuario pieno di idoli ma  legato al ricordo di Abramo e di suo figlio Ismaele, progenitore degli Arabi, era di per sé uno di questi luoghi. Bastava allontanarne gli idoli pagani e perpetuare in senso monoteista la consolidata abitudine delle popolazioni arabe a recarvisi in pellegrinaggio.

Maometto infine era a conoscenza, attraverso i Cristiani e gli Ebrei incontrati nei suoi viaggi carovanieri, che Gerusalemme era stata per secoli meta di pellegrinaggio in occasione delle grandi festività dell’Ebraismo,  ed aveva forse visto con i suoi occhi quei gruppi di Pellegrini cristiani che fin dai freddi paesi del Nord Europa giungevano a Damasco per poi proseguire per la Santa Sion o per il Sinai e i deserti del sud per visitare la Sacra Montagna di Mosè ed incontrare i santi Anacoreti, e si rendeva conto dell’importanza, per una religione, di avere un centro cui tutti potessero rivolgersi e in cui recarsi in adorazione e penitenza.

Così questa pratica non solo venne permessa o consigliata, ma addirittura imposta. Ogni musulmano in grado economicamente e fisicamente di farlo, maschio o femmina, è tenuto a portarsi alla Mecca almeno una volta nella propria vita. Al Pellegrinaggio è dedicato un mese all’anno (il mese di Dhû ‘l-Hijjah) ed in tale occasione la piana e le valli della Mecca sono gremite di pellegrini (oltre due milioni contemporaneamente) che vi giungono con tutti i mezzi: oggi pullman con aria condizionata ed aerei fanno gran parte del lavoro di trasporto, ma c’è ancora chi arriva a piedi o a dorso di cammello.
Poiché il pellegrinaggio, in presenza di sincero pentimento e di riparazione completa (il sangue versato ingiustamente potrà, ad esempio, essere ripagato con un’equa somma in denaro) cancella tutti i peccati fin lì commessi, la tradizione suggerisce di effettuarlo in età avanzata (in seguito le tentazioni saranno più deboli e d’altra parte si presume che vi siano più peccati da cancellare), ma non tanto dall’esserne impediti nel viaggiare. E’ costume - come d’altronde presso i Cristiani, gli Ebrei e gli adepti di altre religioni - che chi si reca in pellegrinaggio ricordi nella preghiera i propri cari e chi a lui si è raccomandato e porti loro i souvenir del santo viaggio.


 

Nessun commento: