martedì 2 aprile 2013

Diario di viaggio semiserio in attesa della fine del mondo – Il mondo Maya e il 13° Ba’aktun (1°parte)


 LA PARTENZA                                                 

Erano ormai anni che i media ci martellavano sull’imminente fine del mondo, predetta secoli fa dalle profezie di molti popoli antichi, primi fra cui i Maya.

Ed ecco che la richiesta di organizzare un tour in Centroamerica proprio in coincidenza con lo scadere dell’infausto oracolo, galvanizzò, e non poco, l’ambiente normalmente tranquillo e ovattato dell’Abbey Travel.
Il gruppetto era composto da tre “madame” subalpine e da una “sciura” meneghina, famigerata amica del nostro eroe, con il quale aveva già condiviso mostruose avventure in giro per il mondo.
L’appuntamento con la “fanciulla milanese” venne fissato a Madrid al gate d’imbarco per Città del Guatemala. Fatte le dovute presentazioni, ci imbarcammo e iniziò un lungo viaggio verso il paese dei quetzal…
Sbarcati nel tardo pomeriggio, venimmo subito trasferiti ad Antigua, meravigliosa città coloniale, ai piedi di numerosi vulcani attivi, il Volcan de Agua, de Fuego e l’Acatenango. Saranno stati il clima meraviglioso, il paesaggio tropicale o i cibi succulenti, fatto sta che le quattro nonnette, appena poche ore prima testimonial di qualche casa di riposo, si trasformarono in quattro balde amazzoni, pronte a conquistare di nuovo, cinquecento anni dopo, l’impero del Giaguaro.

I MERCATI           

Ma prima si trasformarono in voraci e assatanate ammazza-quetzales    (la moneta  uatemalteca)…ecco come.
                                                                                            
I discendenti dei Maya, lasciate le città dello Yucatan, si stabilirono sull’altipiano dove convissero, per un breve periodo, due capitali: Iximchè, quella maya, e Tecpan, quella dei conquistadores. Qui svilupparono sia l’agricoltura, agevolata dal clima mite, e l’artigianato.
L’artigianato…soprattutto tessile, un arcobaleno di colori da abbagliare ogni comun mortale, tinte e sfumature di rosso, giallo, blu, arancione, verde, un caleidoscopio “a coda di pavone” da far girar la testa, da stordire anche il più avvezzo frequentatore di mercati all’aperto d’Europa.
I primi a tremare furono i vari Bancomat del luogo, letteralmente svaligiati dalle italiche turiste che, come cavallette fameliche, si gettarono sui banchetti degli allibiti indigeni. Fu così che tovaglie, pezze di stoffa, canovacci, maglie, magliette, cappelli, porta oggetti , ritagli di cuoio dipinti, statuette maya (made in Taiwan), articoli in paglia ecc.ecc. passarono velocemente di mano e di…continente! 


I due mercati che attirano di più i turisti si trovano a Chichicastenango e a Panajachel, cittadina che si rispecchia nelle acque del lago Atitlàn. In quest’ultimo paese scoprirono un negozio all’ingrosso di “bamboline scaccia-guai”, porta-fortuna in stoffa coloratissima e a prezzi incredibilmente bassi. Morale della favola a Torino e a Milano le case traboccano di tali talismani dalla dubbia efficacia, vista l’attuale situazione del nostro Paese. 


Oltre le stoffe, i mercati indigeni offrono ogni sorta di frutta e verdura, sementi e alimenti, cornucopia di prelibatezze in ogni periodo dell’anno, visto che il Guatemala è conosciuto come il “Paese dell’eterna Primavera” Quello che colpisce di più sono i vari tipi di granturco, giallo, blu, bianco e rosso, e la grande varietà di peperoncini, da quelli dolcissimi a quelli…mostruosamente piccanti! Una vera gioia per gli occhi, non tanto per ll naso, colpito da olezzi non sempre piacevoli, soprattutto di fronte ai banchi che offrono carni dalle dubbie origini e ai venditori di pesce secco, dal pungente odore di putredine.
Continua…

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