giovedì 4 aprile 2013

Diario di viaggio semiserio in attesa della fine del mondo – Il mondo Maya e il 13° Ba’aktun (II parte))



I riti religiosi indigeni.

Durante l’epoca della conquista, la religione cattolica venne imposta con la forza e gli innumerevoli dei pagani vennero sostituiti dai Santi dei Cristiani.
Nacque così un sincretismo religioso che sopravvive tuttora e che, anzi, sta prendendo sempre più piede nella società d’oggi.
Due esempi per tutti: il culto di Maximon, o di San Simòn, Dio Maya rivestito da panni europei per sottrarlo alla distruzione da parte degli spagnoli, che
di quello del rifiorire dei culti tradizionali collegati alle antiche credenze maya.


L’appuntamento era presso un edificio dedicato a Maximon, dove avremmo assistito ad una benedizione impartita a dei malati da parte di una sacerdotessa curatrice. Il luogo ricordava più un’autorimessa circondata da misere casupole dove venivano vendute, oltre a generi di prima necessità, mazzetti di erbe considerate curative e si buon auspicio. La gente, prima di entrare nel cortile, comprava codesti talismani e poi si metteva in fila in attesa di transitare di fronte alla santona che stava su di un pianerottolo elevato rispetto alla fila dei postulanti. Le pareti del “tempio” erano letteralmente coperti da effigi sacre di ogni genere e di ogni religione, in un guazzabuglio incredibile. Una tale confusione di effigi religiose le avevo già viste a Singapore in un tempio taoista. Alla mia richiesta di spiegazioni mi era stato detto che questo era per onorare ogni divinità poiché, non sapendo esattamente quella che effettivamente “regnava” nell’aldilà, era saggio averla pregata ameno una volta!!
Comunque le nostre eroine, armate di mazzetto odoroso e di buona volontà, si misero in fila in attesa di una benedizione che avrebbe sanato loro sia l’anima che il corpo…
Quando un fedele si presentava davanti alla sacerdotessa veniva nebulizzato da un liquore dolciastro che lei, prima ingurgitava, poi spruzzava sul malcapitato, facendolo passare per una fessura tra i denti davanti, questo non una ma più volte, secondo la malattia dell’orante. La continua assunzione di liquore provocava nella sciamana un evidente stato di “euforia alcolica” che si manifestava nella difficoltà di mantenersi salda sulle gambe, creando buffe piroette della medesima.
La prima a defilarsi fu la sciura che decise di uscire a gambe levate, seguita subito dalle sabaude dame orripilante da tale “doccia” sacra. Sul sagrato vennero accolte da indios che per voto avevano fatto un lungo percorso in ginocchio e che lasciavano dietro loro una lunga scia di sangue…

Nel nostro programma erano statr fissate tre cerimonie maya, una a Iximchè, una sul lago Atitlàn e una a Tikal,

Iximchè è un sito archeologico molto bello tra Antigua e il lago Atitlàn, ultima capitale di un regno maya indipendente prima della definitiva creazione del vicereame del Guatemala. Il tempo non prometteva nulla di buono fu così che due nonnine decisero di equipaggiarsi al meglio in caso di pioggia…dalle loro valigie uscirono k.way, piumini, cappelli impermeabili, maglioni, guanti, sciarpe e ombrelli, il necessario insomma per una spedizione artica! Credo che il borsone di Mary Poppins, in confronto ai loro zainetti, avrebbe fatto una magrissima figura!
L’arrivo delle due, ormai trasformate in omine Michelin, provocò nel resto della compagnia un coro di “sceme, sceme” che fecero sobbalzare le raminghe anime che si aggiravano in quella città perduta. Fu lì che, davanti alle prime piramidi, si fece largo, nelle menti perverse delle ottuagenarie, l’idea della scalata…ma questo sarà materia di un’altra puntata.
Torniamo alla nostra cerimonia: in fondo al sito, dove si incontra una delle tre scarpate che delimitavano la città e che ne costituivano anche difesa, al riparo da occhi indiscreti, sorge un tumulo coperto da offerte votive, meta ideale di torme di cani randagi che qui trovano di cui cibarsi, sostavano tre gruppetti di persone in preghiera davanti a dei falò. La nostra guida spirituale, uno sciamano che aveva immediatamente colpito le nostre eroine per prestanza fisica e per l’aspetto altero e misterioso, ci spiegò a sommi capi come si sarebbe svolta la cerimonia propiziatrice. Intanto venne acceso un fuoco con materiali resinosi, al quale vennero aggiunte offerte di vario tipo, poi estrasse una serie di candeline di vario colore, ognuna delle quali propiziava un determinato desiderio. Esse dovevano essere gettate tra le fiamme ad un preciso ordine dell’officiante.
Fin qui tutto bene, tranne l’odore pungente e il calore quasi insopportabile, finchè, vicino a noi non giunsero delle persone guidate da una donna che portava un gallo ed una gallina,,,

Come ci venne spiegato in seguito, si stava svolgendo una cerimonia di magia nera tesa a ridare la fertilità alla ragazza, persa, a suo dire, a causa di un malocchio. Immaginate l’orrore delle nostre eroine all’assistere , in diretta, alla decapitazione e al seguente incenerimento delle povere bestiole! Il sangue venne fatto colare sul tumulo di offerte, poi, dopo le invocazioni di rito, le carcasse vennero anch’esse deposte sulla sacra pira e bruciate. Chiudete gli occhi e immaginate la scena: eravamo letteralmente tra due fuochi, cotti a puntino davanti e dietro e, a secondo dove spirava il vento, investiti o da un odore composto da erbe aromatiche e candele di paraffina o, al contrario, da un olezzo nauseabondo di penne e carne bruciata…il tutto senza la possibilità di abbandonare il luogo pena gravissime sventure!

Per combattere la nausea, dalle capaci borse delle amazzoni uscirono le famose ampolle di Acqua di Colonia, tanto care alle donne di inizio Novecento e ormai soppiantate da decine di essenze dai nomi esotici e dai costi proibitivi. Dopo innumerevoli invocazioni agli antenati, alle divinità del Cielo, della Terra e degli Inferi, la cerimonia ebbe termine. Tutti noi, cotti a puntino e puzzolenti da far schifo, ci allontanammo da quell’ara sacrificale e ci dirigemmo, quasi di corsa, verso il bagno più vicino nella vana ricerca di una fonte d’acqua purificatrice.



Fine II parte

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